LINK AL MONITORAGGIO V. velutina e V. orientalis
Il Calabrone asiatico (Vespa velutina nigrithorax) è originario dell’area compresa tra il sud est della Cina e l’India del nord (Carpenter, 1997; Martin, 1995). Nel suo ambiente naturale, la specie preda una serie di insetti impollinatori, tra cui Apis cerana, volando di fronte alle colonie e catturando le bottinatrici che tornano all’alveare. A. cerana, una specie che si è co-evoluta in presenza di V. velutina, ha sviluppato comportamenti di difesa in modo da contrastare questo predatore (Monceau, 2016).
Al giorno d’oggi, l’impatto del Calabrone asiatico è in fase di studio, ma si ritiene che negli areali dove vi è un’alta densità di nidi, vi sono danni evidenti alle colonie di Apis mellifera.
- Capo: parte frontale giallo-arancio, antenne nere nella parte superiore e brune in quella inferiore.
- Torace marrone scuro, tendente al nero.
- Addome: primi tre tergiti addominali di colore bruno scuro con il margine posteriore giallo-rossastro, il quarto tergite quasi interamente giallo-rossastro, estremità dell’addome bruno-rossastra.
- Zampe: gialle alle estremità; è un carattere che distingue chiaramente V. velutina dagli altri calabroni (infatti i francesi lo chiamano anche ‘calabrone zampe gialle’).
- La dimensione delle operaie varia tra 19-30 mm di lunghezza, con un’apertura alare compresa tra 37-50 mm.
Si ritiene che V. velutina sia arrivata per la prima volta in Europa nel 2004, importata con materiale vivaistico nella regione Lot-et-Garonne, in Francia sud-occidentale (Haxaire et al. 2006; Villemant et al. 2011b). Da un singolo nido, il Calabrone asiatico si è poi diffuso rapidamente invadendo la Spagna nel 2010 (Castro, 2010; López et al., 2011), il Belgio (Bruneau, 2011; Rome et al., 2013) e il Portogallo nel 2011 (Grosso-Silva et al., 2012), l’Italia nel 2012 (Demichelis et al. 2013), la Germania nel 2014 (Rome et al., 2015, Witt, 2015) e la Gran Bretagna nel 2016 (Animal and Plant Health, UK Government 2016; Budge et al., 2017).
In Italia la presenza è alta nella provincia di Imperia, ma la specie sta colonizzando i territori della provincia di Savona, la provincia di La Spezia e la Toscana. Sono stati avvistati nidi ed esemplari anche in Piemonte e Veneto, ma al momento sembra che le vie di diffusione preferenziali siano quelle della costa ligure e toscana.
I nidi di V. velutina generalmente sono fondati da una singola regina feconda definita fondatrice. Le nuove regine sfarfallano alla fine dell’estate, da ogni nido nascono più fondatrici in base alla dimensione della colonia, le quali dopo l’accoppiamento entrano in diapausa invernale, mentre il resto della colonia muore. Nella primavera successiva, le fondatrici emergono e si disperdono nell’area circostante per formare nuovi nidi. I nidi sono stati trovati in varie ubicazioni, sia naturali sia artificiali (Choi et al., 2012).
Le regine in primavera escono dalla diapausa invernale per fondare nuove colonie. Questa attività richiede un notevole sforzo di energie, la fondatrice trae queste energie dalle sostanze zuccherine…i fiori. È stato riscontrato che sostanze liquide ad alto contenuto zuccherino, messe in trappole facilmente fabbricabili, sono molto attrattive per le regine di vespidi.
In particolare la birra è risultata la più efficace e inoltre è la più selettiva in quanto non è attrattiva per gli apoidei quali bombi e api. Le trappole vanno collocate in apiario e nelle sue prossimità durante tutto il periodo primaverile, mentre l’attrattivo deve essere cambiato ogni 15/20 giorni.
Nelle aree ad alta densità è stato riscontrato che un trappolaggio massale delle fondatrici, 40 trappole nel raggio di 700m dall’apiario, diminuisce l’impatto di V. velutina nei confronti delle colonie di Apis mellifera (fonte DISAFA)

Nel periodo da agosto a ottobre il numero di calabroni in caccia negli apiari aumenta sensibilmente e le trappole a base di birra non sono più efficaci. Alcuni apicoltori per diminuire la densità di vespe in apiario usano tecniche di cattura a base di esche proteiche.
Queste esche, a base di proteine di origine animale (carne o pesce) vengono posizionate su una superficie insieme a della colla per topi. Le esche hanno una blanda funzione attrattiva che permette comunque di catturare una quota di vespe in caccia. Altri, armati di pazienza, catturano gli esemplari con un retino entomologico per poi ucciderle una ad una.
L’estinzione della colonia è il metodo più efficace per non avere vespe in caccia in apiario, la difficoltà sta nell’individuare il nido o i nidi. In aree dove la presenza del Calabrone asiatico è costante sono stati censiti fino a 10 nidi nel raggio di 700 metri dall’apiario. Questa è la distanza media che un’operaia può percorrere nella ricerca di fonti alimentari, che però può arrivare anche ad oltre 1500 metri. Risulta quindi difficile eliminare la totalità dei nidi nelle vicinanze dell’apiario, inoltre le colonie si confondono perfettamente con l’ambiente circostante.
Negli ultimi anni sono stati testati metodi per la ricerca dei nidi, il più semplice consiste nell’osservare il volo di ritorno delle vespe verso la colonia di origine. Questa pratica necessita di abilità visive e molta pazienza, inoltre è efficace se nell’area sono presenti una o due colonie di vespe. In aree dove la densità di nidi è elevata questo metodo risulta impraticabile. Negli ultimi anni la tecnologia ha provato a venire in aiuto nella ricerca dei nidi di V. velutina, le sperimentazioni più interessanti riguardano le termocamere e i radar.
Mentre con le prime si cerca di individuare le differenze di calore che ci possono essere tra un nido e l’ambiente circostante, con i radar gli operatori cercano di seguire il tracciato che un’operaia fa dalle zone di caccia al nido e viceversa. Su questa ultima tecnologia l’Università di Torino ha portato avanti un progetto LIFE in Italia (www.vespavelutina.eu), tecnologia portata aventi anche da ricercatori francesi e inglesi. Seppur ci siano stati dei risultati positivi il livello delle tecnologie messe in campo non ha permesso di fermare l’avanzamento del Calabrone asiatico.
La ricerca su un valido metodo di contenimento a V. velutina purtroppo è frenata dalla scarsità di risorse che gli enti di ricerca mettono a disposizione e, in generale, per l’interesse che riscontra il fenomeno. Alcuni ricercatori hanno portato avanti studi sui feromoni legati al Calabrone asiatico, mentre altre strategie mirano alla distruzione delle colonie di vespe tramite sostanze, chimiche o biologiche, trasportate direttamente dalle vespe operaie. Ad oggi non vi sono metodi risolutivi per il contenimento della specie.
L’esperienza sul campo ha comunque portato a sostenere che un approccio integrato, trappolaggio delle fondatrici unito a tecniche di ricerca nidi o cattura operaie in caccia, aiuta a contenere il fenomeno e a salvare le colonie di api.
Aspetto da non sottovalutare è quello di mantenere le colonie di api in salute in previsione del periodo di predazione di V. velutina. In questo caso il ruolo dell’apicoltore è fondamentale e le sue tecniche apistiche saranno fondamentali per la sopravvivenza della colonia. L’esperienza che i tecnici A.L.P.A. hanno accumulato in questi anni risulta importante nell’assistenza di chi, per la prima volta, entra in contatto con questa specie aliena invasiva.
La Regione Liguria risponde alla diffusione sul territorio della Vespa velutina, un calabrone proveniente dall’asia con l’iniziativa #stopvespavelutina, promossa dall’assessore regionale all’Agricoltura Stefano Mai.
Tra le attività previste si annoverano una campagna di sensibilizzazione con l’affissione di manifesti in tutti i Comuni delle province liguri interessate dalla vespa velutina, la possibilità di segnalare la presenza di nidi tramite il numero verde dell’URP (800 445 445) o tramite la Sala Regionale di Protezione civile (010 548 4600), e l’istituzione di un indirizzo email dedicato vespavelutina@regione.liguria.it per le segnalazioni da parte dei cittadini.
Più info sul sito della Regione
GE Martino Firullo – 349 6996289 – martino.firullo@alpamiele.it
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